Il credibile Hulk

Il credibile Hulk

1 Feb 2011

L’Incredibile Hulk incontra Iron Man. Una grande idea per lo schermo realizzata nel 2008 nel film con Edward Norton? Macché: un incontro previsto già quindici anni prima, quando viene ipotizzato un quarto film per la televisione dedicato al mostro verde con Bill Bixby e Lou Ferrigno, in cui oltre a Stark appare anche She-Hulk, cugina del protagonista. Purtroppo il 1993 è l’anno in cui Bixby, attore principale delle produzioni televisive, muore di cancro alla prostata a soli 59 anni. Un destino infausto che ricorda in maniera sinistra l’esistenza tormentata di David Bruce Banner, l’alter ego di Hulk, vittima negli episodi televisivi di una sequela di sfighe che rasentano (e spesso superano abbondantemente) i limiti del grottesco. Basti pensare che già nell’episodio pilota rimane vedovo a causa di un terribile incidente d’auto e mutato in un mostro verde senza controllo per colpa di un esperimento fallito. La speranza si chiama Elaina Marks, amica e compagna di ricerche, determinata a trovare assieme a lui una soluzione a quanto accaduto. Entro la fine dell’episodio, Elaina muore ustionata tra le braccia del gigante di giada…

Siamo nel maggio 1962. Per gli USA termina la moratoria nucleare e riprende la sperimentazione relativa a questa delicata forma di energia. E così, se il sonno della ragione genera mostri, la veglia della creatività ne partorisce altrettanti, e destinati a durare. Se otto anni prima in Giappone l’incubo atomico ha portato a ideare il mastodontico Godzilla, nei primi anni Sessanta negli Stati Uniti fa nascere The Incredibile Hulk. La casa editrice Marvel spara così la sua terza supercartuccia: dopo i Fantastici Quattro, datati novembre 1961, e Ant-Man, del gennaio 1962, ecco arrivare la terza invenzione della “premiata ditta” Stan Lee e Jack Kirby. Altre creature di Lee (spesso ma non sempre in accoppiata con Kirby), come l’Uomo Ragno, Iron Man, gli X-Men e Devil, arriveranno solo nei mesi a seguire. «È un uomo o un mostro? O è entrambi?» si chiede la copertina del primo numero. Sicuramente, come suggerisce l’altro strillo posto sotto la testata, è «L’uomo più strano di tutti tempi». Si tratta dell’alter ego di Robert “Bruce” Banner (chissà poi perché diventato in tv David Bruce Banner), noto fisico nucleare investito da una massiccia dose di raggi gamma che lo trasformano in una creatura gigantesca e incontrollabile. Verde? No, grigia.

L’indomabile alter ego del dottor Banner è un impasto del mostro di Frankenstein, del deforme ma innocuo Quasimodo e del ben più pericoloso Mister Hyde. Come il personaggio di Robert Louis Stevenson, il primo Hulk si trasforma di notte, ma poi questo aspetto viene corretto, così come viene modificata la tinta della pelle della creatura, per evitare problemi in tipografia. Prende così forma definitiva l’Hulk ottuso e titanico, che ha il sopravvento sul “pavido Banner” quando la rabbia del dottore diviene ingovernabile. E così lo scienziato si trasforma in una “persona grande e goffa” (questa la traduzione letterale del termine “hulk”) che – come un animale ferito – attacca gli umani. Negli anni ci saranno molte diverse incarnazioni di Hulk, da quello grigio e intelligente a quello verde e intellettuale, fino alle versioni più recenti. Ma è proprio all’Hulk più semplice, quello che ha per grido di battaglia «Hulk spacca!» che si ispirano i creatori del film tv.

Novembre 1977. Nelle rivendite statunitensi appare il numero 217 della seconda serie di The Incredibile Hulk, un albo intitolato “The Circus of Lost Souls!”. I testi sono di Len Wein, che tre anni prima, proprio su questa testata, ha creato un personaggio chiamato Wolverine. Questa storia ha la particolarità di apparire mentre gli spettatori televisivi hanno finalmente la possibilità di vedere il gigante verde anche sul piccolo schermo in un film live action. “Trionfo e tragedia alla maniera Marvel”, recita lo strillo sull’albo in edicola. E funziona benissimo anche per i due film trasmessi dalla CBS in quel mese, L’incredibile Hulk e Morte in famiglia. Critica e pubblico si dividono. The Sun, pochi mesi dopo, pronuncerà lapidario: «non sembrava possibile che potesse esistere una fiction più stupida de L’uomo di Atlantide, invece…». Allo spettatore medio, invece, la proposta piace. Gli attori sono in parte: Bixby è la prima scelta della produzione, mentre per la creatura il casting si rivela un po’ più tormentato. Si pensa a un tal Arnold Schwarzenegger, dal fisico giusto ma ancora lontano dal poter essere definito un attore: il film Ercole a New York non ha certo lasciato il segno, mentre Pumping Iron sta riscuotendo attenzione, ma si tratta in realtà di un documentario sul mondo del culturismo, dove si racconta la storia della preparazione alla corsa al titolo di Mr. Olympia. Oltre al vincitore Arnold, nella pellicola appare anche un siculo-americano di nome Louis Jude Ferrigno, detto “Lou”. Tornando alla ricerca di un credibile Hulk, Richard Kiel appare già un po’ più adatto: alto due metri e diciotto centimetri, al cinema ha appena interpretato il ruolo di Squalo nel film Agente 007 – La spia che mi amava. Dopo varie riflessioni, però, si arriva a scegliere proprio Ferrigno: non supera i due metri, ma con il suo metro e novantasei è comunque di otto centimetri più alto di Schwarzy. Quando si dice il physique du rôle

La prima stagione parte pochi mesi più tardi, nel marzo del 1978, e arriva in Italia un paio d’anni dopo. Alla fine della quinta stagione, datata 1982, si conteranno 81 episodi, più altri tre film tv realizzati tra il 1988 e il 1990. Gli episodi sono strazianti già a partire dalla claustrofobica presentazione iniziale. Esplodono però nella sconfinata tristezza con la sigla finale “The Lonely Man”, che accompagna inevitabilmente il dottore di nuovo in fuga dopo che l’apparizione della bestia lo ha come sempre costretto a tagliare i ponti con la speranza di socialità che nel corso dell’episodio si era con vana fatica costruito. La sua nemesi televisiva non è né il generale “Thunderbolt” Ross né il Capo, il Maestro o Abominio, colorati personaggi del fumetto che poco avrebbero a che fare con il clima tutto sommato realistico che ha il serial per il piccolo schermo. La più grande minaccia per la pace di Banner è il viscido reporter Jack McGee, creato appositamente per la tv, che crede Hulk un assassino e ne pedina senza sosta la controparte umana.

Uno degli incontri più incredibili dell’Incredibile Hulk è però quello con Claudio Baglioni e Gad Lerner. Nel 1997, nella trasmissione RAI Anima Mia, Ferrigno è ospite, con la faccia verde ma il resto del corpo rosa, e Lerner si rivolge a lui chiamandolo “dottor Hulk”. Il gigante di giada in questo caso risponde, anche se la versione televisiva, a differenza di quella a fumetti, non proferisce verbo, tanto è vero che la Universal ferma in zona Cesarini alcuni spot inglesi dove avrebbe dovuto parlare, «con il fine di non rovinare la sua immagine».


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4 commenti

  1. Plissken /

    Che bell’articolo, sinceri complimenti.

    Completissimo ed esaudiente, fornisce una panoramica sulla serie che travalica l’aspetto “tecnico”… questo articolo, tra le righe, ha un’anima 😉

    Non sapevo della “candidatura” di Richard Kiel: per fortuna fu scelto Ferrigno. Kiel aveva maggiore altezza d’accordo ed era senz’altro imponente, ma era privo della struttura muscolare che contraddistingue il personaggio.

    Ferrigno tutto sommato se l’è cavata egregiamente, anche se è difficide dimenticare il velo di costante malinconia espresso in maniera superba dal compianto Bixby.

    Forse nell’articolo manca un’unica cosetta, ovvero un anche velato accenno a chi compose la musica della sigla finale, un dettaglio per chi se la ricorda di non poco conto senz’altro in linea con una “esistenza tormentata”. 🙂

  2. Plissken /

    “Esplodono però nella sconfinata tristezza con la sigla finale “The Lonely Man”,… ”

    Che vergogna, mi sono lasciato prendere dall’entusiasmo ed ho letto troppo velocemente l’ultima parte. 🙁

    Le mie scuse al Davide: l’articolo è perfetto.

  3. Poi, per la precisione, l’autore era Joe Harnell.

  4. Plissken /

    Eureka; grazie alle Vs indicazioni (inchino) sono riuscito a recuperare il pezzo nella versione piano solo: una melodia struggente di grande intensità, indubbiamente un’altra freccia all’arco di questa serie di cui avevo perso la memoria.

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